Di Giuseppe Capruzzi, Gran Maestro Onorario. del GOI – Questa Tavola è stata pubblicata da “Hiram”, Rivista massonica, n°3/4, marzo – aprile 1990, Edizioni Erasmo, Roma. Dall’archivio della Rispettabile Loggia “G. Libertini” n° 737 all’Oriente di Lecce
“… questa catena
ci lega nel tempo e nello spazio;
viene dal passato
e va verso l’avvenire”
(da un antico rituale)
MASSONERIA E RITUALITA’
In Massoneria, la ritualità è essenziale, al punto che può affermarsi, anche apoditticamente, che non vi è Massoneria ove non sia realtà rituale.
Le ragioni sono lontane: si può ben ritenere che, ogni volta sia presente un rapporto tra 1’uomo e certe forme esteriori ci si trova, inevitabilmente, di fronte al fenomeno della ritualità, legato, ovviamente, all’elemento concomitante e fondamentale, che è il simbolo.
Un grande scienziato del nostro tempo, Max Plank, in una famosa conferenza tenuta nei Paesi Baltici nel 1937, ricordava che “senza il simbolo non sarebbe possibile alcuna comprensione, persino alcuna comunicazione fra gli uomini. Questo vale – diceva – non solo per il rapporto religioso, ma anche per qual¬siasi rapporto umano, anche nella vita profana di ogni giorno”.
“Anche la lingua – aggiungeva – non è altro che un simbolo per qualcosa di più alto, il pensiero”.
Queste parole possono, in un certo senso, darci la esatta portata del “fenomeno ritualità”, inteso, in senso totale, nel mondo moderno, ma soprattutto, in quello interno, cui particolarmente tende la Massoneria.
“UOMO – SIMBOLO – RITUALE” costituiscono infatti una tricotomia essenziale, le cui componenti sono, ad un tempo, autonome ed interdipendenti.
Questa conformazione tridimensionale, se può variare nel mondo esterno, quando costituisce espressione di quel contesto, difficilmente può essere invece oggetto di molte varianti nel mondo interno, ossia nell’ambito di com¬pagini esoteriche, che pur ruotano intorno alla ritualistica.
E’ necessaria, a questo punto, una chiarificazione.
Una qualsiasi cerimonia profana (militare o giudiziaria o politica e così via), è incentrata su un ritualismo espressivo di alcuni valori, e potrà variare da tempo a tempo, attraverso varie forme, a seconda delle influenze che si mo¬dificano nei periodi storici e nei cicli di avanzamento o di regresso della società civile, rispetto a quel determinato fenomeno che è oggetto di atti formali o convenzionali che lo distinguono.
Uguale, anche se solo in apparenza diverso, è il fenomeno tra ritualità e Chiesa.
Non vi è ovviamente un nostro riferimento alla Chiesa Cattolica in particolare, ma alla “ecclesia”, vista da un punto di vista generale ed astratto. Tutta la fenomenologia del liturgismo ecclesiale, essendo a carattere exoterico e non esoterico, è destinata, attraverso i secoli, a mutamenti, modifiche, varianti, riforme, e qualche volta ad autentiche deformazioni, a seconda il segno dei tempi.
Ma se, come abbiamo detto, la ritualità è legata alla relazione essenziale “simbolo-rito”, pur senza avere la pretesa di entrare nel discorso (anche se molto interessante), della identificazione di questo rapporto negli aspetti più vari, da quelli storici agli antropologici, ai filo-sofici ecc…, sarà opportuno prestare tutta 1’attenzione nell’ambito di un esame che ci conduca diretti al fenomeno-rito (espresso dai rituali) e della ritualità (ossia 1’essere nel rituale, nello spirito e nella prassi), in termini esoterici e muratori.
Non ci sembra possibile chiaramente vedere il rituale, in chiave meramente formale e cerimoniale, in quanto il problema va esaminato nel contesto storico-simbologico dei princi¬pali elementi del Tempio massonico.
La ritualità muratoria non e liturgica o cerimoniale, perché, fra 1’altro, non è esterna o aperta al pubblico: è questa una delle notevoli differenze tra Massoneria e Chiesa.
La ritualità massonica è e resta fondamentalmente esoterica, in quanto anche nella sua stessa manifestazione direi proprio in senso fisico, si attua nell’ambito di un “locus clausus” quale è il vivere e misurare il tempio muratorio.
Ecco perche 1’analisi dei nostri rituali non può tradursi che in termini puramente iniziatici e nella direzione della “costruzione attiva”.
Portare un grembiule, non è assolutamente elemento di affettazione cerimoniale né è un fatto parrocchiale, ma è non comune espressione di una ascesi attiva, totalmente distinta da ogni altra fenomenologia rituale del mondo esterno.
Tutta la simbologia e le ritualità massoniche sono incentrate in una vicenda di costruzione, quindi di operosità e non di passività.
I muratori-massoni, usano tutte le facoltà umane, facoltà le quali, come vengono idoneamente impiegate alla costruzione di un tempio materiale, possono, anzi debbono, risultare pienamente utilizzabili per la edificazione del “tempio interno”.
La correlazione, in Massoneria, si snoda quindi costantemente tra simbologia e ritualità – da una parte e fondazione altamente soggettiva ed analogica dall’altra; e poiché siamo nel campo dell’arte speculativa fondata sull’arte operativa, gli strumenti di lavoro, nella realtà rituale, diventano strumenti (in senso sprituale) dell’arte del costruire, anche se questo uso, per essere veramente valido, dovrebbe essere il frutto non solo di una ripetizione di atti, ma 1’effetto di una già acquisita realizzazione interiore (virtù-amore in senso cosmico) avvenuta attraverso la comprensione, ad un certo livello spirituale, del valore simbolico degli strumenti stessi.
Nel tempio massonico la ritualità, come espressione del rapporto Arte speculativa – Arte operativa, vuoi ove la si intenda come ripetizione apprenditiva di atti ed effetti interiori, vuoi ove la si concepisca come uso di simboli i quali comportino un già compiuto atto di “virtù”, trova comunque e sempre il suo fondamento, per ogni fratello, nello stabilirsi saldamente nel proprio “centro di coscienza”, unico idoneo a creare la magica catena d’unione, consentendo che i simboli, posti in azione, ci compenetrino e vivano in noi, nel contesto eggregorico.
Va quindi a nostro avviso decisamente censurato il tentativo, già avvenuto e realizzato in altri tempi, di interferire nei rituali dell’Ordine, con modifiche di provenienza esterna e profana, la più svariata; e questo il fenomeno più negativo, che contrasta la esigenza di dare la giusta e tradizionale “identità” alla ritualità massonica.
Su queste premesse, quello dei rituali, non può essere un problema di modifiche e deformazioni, ma è magari questione di studio, di ricerca, di adeguamento, per rendere la ritualistica dell’Ordine il più possibile “aderente” alla tematica ed alla dimensione muratoria, in¬tesa in senso autenticamente tradizionale.
Questo significa anche, non consentire che nella ritualistica dei tre Gradi, intervengano aggiunte, chiose ed interpolazioni di varia provenienza, anche se ci si rende conto che le tentazioni sono molte.
Ruotano indubbiamente intorno all’Ordine, molte scuole, molti filoni filosofici; storici, esoterici, iniziatici, ognuno magari tendente ad inserimenti non dovuti, rispetto alle “pure origini” della nostra Istituzione.
D’accordo, che nella ritualistica dei tre Gradi, confluiscono, sia pure sfumatamente, accenni di diversi tessuti misterici, ma ciò non toglie che la ritualità del’Ordine, per essere autenticamente attiva ed operosa, deve riportarsi alle fonti strettamente muratorie e di costru-zione.
Nell’ottica di questa valutazione, le fonti di studio non possono essere – a nostro giudizio – che due essenziali: a) Fonti Storiche, da riportarsi alle origini della Massoneria Azzurra (1717), per cui vanno – a nostro giudizio – privilegiati i sistemi dei rituali di provenienza inglese. b) Fonti Trans-Storiche, ossia quelle legate alla simbologia, alla mitologia, all’esoterismo in genere, ma sempre se “compatibili” con la identità della Massoneria dell’Ordine e con il filone iniziatico in termini latomistici.
Le varie presenze misteriche confluenti nel fenomeno – loggia, devono insomma trovare, nei rituali, la sintesi della lezione MURATORIA:
una sintesi che si esprime nella struttura fisica del tempio – simbolo compiuto e cosmico della realtà massonica – ma che deve anche diventare intima dimensione spirituale dell’iniziato-muratore.
Giuseppe Capruzzi Gran Maestro Onorario del GOI