Allocuzione del Fratello G. de B. in occasione della celebrazione del Solstizio d’Estate 2011
I due Giovanni nella tradizione e nel simbolo
Maestro Venerabile e carissimi Fratelli permettetemi di esprimere la gioia e la gratitudine che provo in tale circostanza e di manifestarvi il piacere della mia Loggia nel condividere con voi il percorso di riflessioni che il Maestro Carlo Gentile volle personalmente tracciare per noi e che nella sua forma articolata si è già avviato con le cerimonie del nostro 35° anniversario.
Quando la Chiesa Cattolica progressivamente incominciò a sostituirsi all’antica religione pagana, edificò chiese al posto dei vecchi templi e gradualmente sostituì santi e martiri nei giorni delle festività politeiste. Era, infatti, una strategia accorta quella di conservare l’abitudine delle periodiche festività rituali proprio negli stessi luoghi di culto per mantenere continua la partecipazione del popolo.
Le prime chiese sorsero da prima come rimaneggiamento dei luoghi sacri preesistenti, in seguito, quando ormai le presenze si erano assicurate e fidelizzate alla nuova religione, vennero abbattute le costruzioni originarie e sulle loro rovine furono edificati i nuovi santuari.
Ne abbiamo notizia da S. Agostino e dalle lettere ai vescovi di papa Gregorio I.
La dea madre, alla quale erano dedicati numerosi templi, fu sbrigativamente cristianizzata, per così dire battezzata, e costretta ad una conversione forzata.
La maggior parte delle attuali chiese denominate “Notre Dame” erano originariamente consacrate ad essa, alla dea madre cioè, o comunque ad una divinità femminile che la Chiesa tolse rapidamente di mezzo per poi dedicarle alla propria dea madre, la Vergine Maria, spesso fusa e confusa con la Maddalena.
Analogamente molte divinità pagane furono redente e adattate alla nuova dottrina sempre allo scopo di mantenere unita l’assemblea dei fedeli.
Per questo motivo molte festività e ricorrenze dell’antica religione vennero sfruttate per la certezza del consenso che conservavano.
Ne sono un esempio i riti solstiziali che furono ben presto rimaneggiati: tanto è vero che il loro nume, Giano Bifronte, fu subito sdoppiato in due santi. Ma questa volta la sostituzione non riuscì agevole: infatti nonostante i nuovi patroni, le feste del sole, profondamente radicate nella cultura contadina e popolare, continuavano ad essere dedicate a Giano e costituirono un problema di gestione per la Chiesa Cattolica che alla fine del primo secolo veniva a conservare ancora una commistione di liturgie cristiane e pagane. Perciò i protettori del solstizio furono più volte sostituiti ma sempre senza successo. Inizialmente questa trasformazione era sembrata banale, ma con il tempo, verso il 605, l’impossibilità a conciliare altri santi con l’adorazione del Sole, mise le Congregazioni dei Vescovi nella necessità di approfondirne il culto per ricercare tra i martiri o i beati qualcuno il cui operato fosse compatibile con i movimenti dell’astro. L’esigenza di recuperare la festa costrinse la Chiesa a cercare di penetrare il suo significato più antico e profondo.
Se prima dunque esisteva un nume dai due volti, bisognava ora cercare due santi con un volto solo, con un solo dato in comune cioè ma con opposto significato analogico. Impresa non da poco.
Si dovette penetrare il profondo ed arcano concetto del bifrontismo, che era già presente nell’antica dottrina ermetica e che forse per primo Pitagora teorizzò. Egli aveva riconosciuto in natura dieci coppie di opposti fondamentali e pertanto aveva supposto che fossero conciliati da un principio di armonia unitario: ogni coppia cioè veniva ad essere governata dall’unità.
Tale concezione ha permeato diversi aspetti della cultura del passato. Ad esempio la ritroviamo nell’arte dove, come concetto di abbinamento è apparentata con l’immagine di simmetria o nella poesia con alcune figure retoriche quali il palindròmo.
Questa è la possibilità di leggere egualmente nei due sensi una stessa frase. Come nel quadro magico di Pompei “Sator arepo tenet opera rotas” (il seminatore con il sua aratro regge con saggezza l’universo) che si poteva leggere nei due sensi sia in verticale che in orizzontale da destra a sinistra e viceversa. Per tale suggestiva opportunità al quadro vennero attribuiti poteri magici.
Per contenersi all’interno dell’idea di bifrontismo bisognava quindi conoscere a fondo Giano ed i suoi significati.
Giano si identificava con la luce del sole, con la divinità che illuminando fa vivere le cose e per tale immagine poteva ricordare l’inizio del vangelo di Giovanni: l’altro Giovanni ne veniva per conseguenza poiché aveva lo stesso nome ma un significato simbolico opposto in ragione del necessario bifrontismo da conservare.
Fu in questo modo che dopo molti tentativi e dopo un difficile studio, intorno all’850 furono
designati i nomi dei due Giovanni, per sostituire liturgicamente le festività solstiziali: S. Giovanni Evangelista il 27 dicembre, al solstizio d’Inverno e S. Giovanni Battista il 24 giugno, al solstizio d’Estate.
La posizione dei due Giovanni nel nuovo calendario risultava pertanto in perfetto accordo con la funzione di cristianizzare un culto pagano in grazia del loro simbolismo allegorico.
La Chiesa Cattolica, accettando il significato di Giano, aveva attribuito un valore metaforico di Luce ai due santi. Essa riconobbe nel Battista l’emblema dell’Acqua redentrice vale a dire della Luce di Cristo riflessa nell’acqua battesimale, come la luce lunare, poiché di lui era stato detto: ”Egli è l’Elia che deve venire” mentre nell’Evangelista riconobbe l’immagine della luce del Sole contrapposta alle tenebre, della rassicurazione contrapposta alla paura, perché è questo il significato dell’Apocalisse, ed ancora della Resurrezione contrapposta alla Morte, dato che è riportato proprio nel vangelo di Giovanni l’episodio di Lazzaro.
Il nuovo stato di cose soddisfaceva adesso un po’ tutti: sia chi aveva una estrazione popolare e contadina ed era stato sempre più cedevole e disposto al cambiamento e sia chi non lo era stato affatto come le antiche corporazioni e le confraternite dei costruttori.
Queste, infatti, avevano ereditato dalle istituzioni iniziatiche e dagli antichi Collegi, specialmente greci e romani, l’uso di onorare i Solstizi, per rendere omaggio alla forza più grande della natura, al Sole cioè.
Il culto solare, che formò il fondamento di tutte le vecchie teogonie, come progressiva sostituzione del culto lunare, si era tramandato fino ad allora in segreto. Ma in quel periodo buio, in cui ogni segreto era temuto perché ritenuto diabolico e veniva severamente punito dalla Chiesa, le Corporazioni che lo custodivano, fedeli alla propria tradizione, per abbandonare la pericolosa clandestinità accettarono di nascondersi dietro il nuovo Giano, cioè dietro i due Giovanni, che elessero a loro patroni di fronte ad un clero finalmente compiaciuto e rassicurato.
D’altro canto la dottrina iniziatica aveva riconosciuto nel simbolismo attribuito ai Santi una coincidenza di immagini con la divinità pagana, che andava oltre il dato semplicemente occasionale.
La matrice fonemica di Giovanni e di Giano è sempre la medesima “J”, inoltre la radice ebraica Joni, che vuol dire giorno, ribadisce il loro simbolo di luce.
Il nome Giovanni, venne nel medio evo collegato alla parola ebraica hanan, con il doppio significato di “misericordia” e di “lode”, per cui i suoi due significati di “misericordia di Dio” e di “lode a Dio” corrisponderebbero alle direzioni discendente ed ascendente delle due metà del ciclo annuale del sole. Infatti, la Misericordia scende da Dio sugli uomini, mentre la Lode sale in alto verso la Divinità. Un analogo senso di movimento, di passaggio, sta nel nome Giano per la radice anatolica Gaò come la parola sanscrita Yanò (porta) e il verbo latino Eo (andare).
Giano era già per gli Etruschi il patrono dei Collegia opificum atque fabrorum, istituiti dal re Numa ed in suo onore le corporazioni degli artigiani romani celebravano le feste solstiziali.
Nella teogonia pagana Giano aveva dunque il compito di assistere ai movimenti del carro solare, di presiedere alla sua uscita all’alba e al suo rientro al tramonto.
In lui si identificava perciò il movimento del Sole, la divinità che dà la vita.
Come nel ciclo quotidiano così nel ciclo annuale Giano dava inizio e dava fine al passaggio dell’astro e quindi delle stagioni e deteneva di conseguenza il controllo sul tempo e sul destino.
A lui erano dedicati il primo giorno di ogni mese, le prime ore di ogni giorno, l’inizio cioè di ogni attività.
Egli era perciò il protettore di ogni inizio e per questo l’iniziatore della civiltà.
Da Janus deriva Januarius, Gennaio, il mese che sta al principio del ciclo annuale e nel quale è possibile fare una valutazione del passato ed un progetto per il futuro. Ecco perché la divinità aveva la doppia faccia: perché simboleggiava il dono della consapevolezza dell’accaduto e della preveggenza del futuro, un volto guardava indietro e l’altro in avanti, uno era giovane e l’altro anziano.
Il volto giovane e gioioso del dio simboleggia l’aspetto divino dell’anima, rivolto in alto verso la divinità, il volto anziano e triste simboleggia l’aspetto materiale del corpo rivolto verso le cose del mondo.
Ma a volte il viso giovane è stato rappresentato femmineo quasi a contenere il dualismo maschio femmina, Janus – Jana cioè Giano e Diana, Sole e Luna.
Le feste solstiziali hanno avuto così nel tempo la funzione di ricordare all’uomo che il continuo ripetersi della morte e della rinascita del Sole é per analogia l’avvicendarsi della morte e della rinascita della vita.
I momenti solstiziali è come se rappresentino un varco, un passaggio dopo del quale il movimento del sole prende un nuovo corso: il sole al solstizio cioè è come se attraversi una porta al di là della quale le cose cambiano.
Per l’antica cosmologia la Porta del Capricorno, vale a dire il solstizio d’inverno, aveva un significato positivo in quanto apriva la fase dell’anno in cui il sole cresceva mentre la Porta del Cancro, il solstizio d’estate cioè, aveva un significato negativo poiché precedeva il periodo buio.
La Porta del Capricorno o invernale era detta anche Porta degli dei, (o porta verso gli dei) perché varcandola le energie salivano alle divinità e poi discendevano sugli uomini.
Così la Porta del Cancro o estiva era detta pure Porta degli uomini o degli Avi perché attraverso di essa le anime degli antenati discendevano sulla terra per incarnarsi nuovamente.
S. Giovanni Evangelista secondo la tradizione esoterica avrebbe ricevuto un insegnamento segreto dallo stesso Gesù e questo insegnamento Giovanni lo avrebbe trasmesso in seguito ad una Chiesa invisibile. In questo modo il cristianesimo ufficiale o essoterico non sarebbe altro che una volgarizzazione di quell’insegnamento primitivo. Per la tradizione esoterica quindi, accanto ad una Chiesa di Pietro esiste invisibile e sotterranea una Chiesa di Giovanni.
Esse sono rappresentate a Roma da due Basiliche: quella di San Pietro e quella di San Giovanni in Laterano. La prima riservata alle manifestazioni mondane e spettacolari, l’altra, consacrata a San Giovanni, è la vera cattedrale del cristianesimo. In essa sono stati tenuti concili e qui Carlo Magno volle farsi incoronare imperatore.
La Chiesa di Pietro è quindi essoterica perché si rivolge alla folla. La Chiesa di Giovanni è invece esoterica perchè i suoi insegnamenti sono riservati solo ad alcuni, ai pastori ad esempio, che marciano alla testa del gregge.
Ne era curiosa indicazione, nella messa celebrata in latino, il fatto che il sacerdote, dopo aver congedato i fedeli, con l’ite missa est, per lui solo, recitava il prologo del vangelo di Giovanni, come se egli solo potesse sapere quanto il resto dei fedeli ignorava.
La Chiesa di Pietro è la giudeo cristiana, quella di Giovanni la ellenico cristiana.
La Chiesa giudeo cristiana rappresenta il principio autoritario, dogmatico, la Legge che nella storia si appoggiò sulla forza della Roma dei Cesari.
La Chiesa ellenico cristiana fonde il misticismo, che pensa a Dio come Amore, con la filosofia di Platone, Plotino e di Clemente d’Alessandria che considera Dio come Spirito e ne risulta pertanto una concezione religiosa più libera e più speculativa.
Le idee della violenza non esistono presso di essa e un San Francesco d’Assisi, di vocazione giovannita, la rappresenta meglio di un San Domenico o un San Tommaso.
La Chiesa di Giovanni è quindi quella dello Spirito che è conoscenza e amore.
In questa Chiesa l’esperienza religiosa può venire identificata come pura spiritualità e non implica di credere o di avere fede ma consiste in ciò che la persona che la sta vivendo comprende in forma di conoscenza diretta. Nel I e II secolo tale conoscenza fu definita gnosi, oggi potrebbe essere chiamata misticismo e il momento di percezione conoscitiva potrebbe essere definito come uno stato di coscienza alterato. Cioè un’esperienza naturale ed autentica slegata da ogni interpretazione razionale successiva. Tale esperienza solitaria ed intima non comporta intermediazioni sacerdotali.
La Chiesa di Pietro al contrario si fonda su di una teologia cioè sull’interpretazione razionale che viene successivamente collegata alla percezione conoscitiva diretta. Tenta di spiegare l’esperienza religiosa e dove non ci riesce confeziona dogmi, articoli di fede, divieti e sanzioni e più questi si fanno complessi ed elaborati più si separano e divergono dall’esperienza originaria che li aveva ispirati. Cosi la teologia perde ogni contatto con il dato iniziale e diviene una costruzione burocratica ed intellettuale indipendente. Questa Chiesa che si fonda sulla teologia non ha più nulla a che vedere con la spiritualità, è ridotta solo ad uno strumento di controllo, di gestione e condizionamento, con la responsabilità di dettare leggi e addirittura di sfidare l’ordine naturale delle cose. Questa Chiesa è gerarchicamente organizzata in modo da sorvegliare e punire chi non si conforma ad essa. Per sua struttura vede la gnosi, o comunque tutto ciò che è diverso da se, come una minaccia da combattere per conservare la propria autorità.
Giudicando perciò come eretici i discepoli di Giovanni, la Chiesa di Pietro li perseguitò, li imprigionò e li condannò a morte sul rogo. Tali furono le sorti degli Ariani, dei Nestoriani, dei Templari, dei Catari e degli Albigesi.
Per questo la Basilica di San Pietro di Roma è orientata in senso inverso rispetto alla tradizione, essa guarda verso occidente e non verso oriente in tal modo offre le spalle alla Luce.
L’agiografo Jacopo da Voragine, nella Legenda aurea, composta nel 1264, cita i privilegi che Dio concesse a San Giovanni Evangelista. Il primo era quello di essere particolarmente amato da Cristo, il secondo di essere incaricato di curarsi della Madre di Dio, il terzo di ottenere la rivelazione dei Misteri ed infine di essere la Parola della Carne di avere cioè la purezza verginale.
L’essere il discepolo prediletto da Gesù, Luce del mondo, conferisce a Giovanni un ruolo quasi di identificazione con il sole nascente.
Infatti di lui Dante dice: “questi è colui che giacque sopra il petto
del nostro Pellicano, e questo fue
d’in su la croce al grande fuoco eletto”.
Nella terzina si delinea il simbolismo del pellicano, che la tradizione cristiana associa a Cristo perché quest’uccello si credeva si lacerasse il petto per nutrire i suoi piccoli, facendone il simbolo dell’altruismo spinto sino al sacrificio e si conferma il destino solare che è stato riservato all’Evangelista.
E poiché Cristo morente gli affida la Madre, simbolo della Materia Prima e del principio femminile, ricettacolo e riflesso della luce solare, nell’iconografia sacra le figure della Vergine e di San Giovanni ai piedi della Croce possono essere identificate con il Sole e la Luna. Tutto questo riporta al duplice aspetto di Giano.
La verginità del santo allude alla purezza del suo spirito e suggerisce una direzione ascendente collegata al rifiuto della differenziazione sessuale. Perciò nelle immagini il santo è indicato con il volto imberbe, quasi femmineo in somiglianza al volto giovane di Giano, simbolo della tendenza ascendente dell’anima. Il secondo volto di Giano, anziano e barbuto riconduce invece alla vecchiaia del santo ed al suo ruolo di divulgatore e quindi all’aspetto discendete del Verbo che si fa carne e si diffonde nel mondo.
In entrambi i casi il simbolismo di San Giovanni Evangelista fa pensare al solstizio di Inverno, alla Porta degli dei cioè che era dedicata sia all’ascesa delle anime e sia alla volontaria discesa dello Spirito.
Anche il privilegio relativo alla rivelazione dei Misteri si ricollega al solstizio di Inverno in quanto attraverso la Porta del Capricorno il Principio Spirituale può scegliere di scendere nel mondo manifesto, o rivelandosi, cioè coprendosi di nuovi veli, oppure al contrario in una forma percepibile ma comunque misteriosa. L’Apocalisse, che in greco significa Rivelazione, è il testo della tradizione cristiana che in forma simbolica e criptica, comunica i misteri relativi al mondo e al suo destino.
Il rapporto con la rivelazione dei Misteri, rende San Giovanni il simbolo dell’aspetto esoterico della tradizione cristiana ed in tal senso il suo legame con le Confraternite appare fondato sull’antica assimilazione del concetto di Mistero alla pratica del Mestiere e quindi alla trasmissione dei suoi segreti operativi.
Il vangelo di Giovanni fa riferimento al principio della creazione cosmica e riporta, in modo evidente, alla nascita della Luce, all’inizio del nuovo anno ed alla figura di Giano come Dio degli Inizi.
Tutto ciò spiega come molte società segrete abbiano scelto come patrono San Giovanni, dai Templari ai Rosacroce, dai Carbonari alla Massoneria operativa prima e speculativa poi.
Del resto i primi tre Gradi massonici sono pure definiti Logge di San Giovanni e ancora oggi
alcune logge tedesche associate al vertice con la Gran Loggia Unita di Germania, sono indicate dalla sigla J.L., Joannes Loge, al posto di “Rispettabile Loggia”. Queste lavorano con un rituale molto simile a quello simbolico italiano, in Templi molto sobri e scarsi di simbologia. I Fratelli vi accedono a coppie, squadrandolo in senso orario all’entrata ed antiorario all’uscita, ed usano il tappeto di loggia al posto del quadro di loggia.
Inoltre ancora oggi in quasi in tutte le officine del mondo, sia pure di differente confessione massonica, si è soliti avviare i lavori rituali con l’apertura del Libro Sacro all’inizio del vangelo di Giovanni dove si dice:”In principio era il verbo”. In Italia nel Rito Emulation ad esempio è l’ex Maestro Venerabile che ne legge il testo, mentre nel Rito Simbolico è il Primo Sorvegliante.
Sempre nella Legenda aurea, dalla descrizione di San Giovanni Battista si può riconoscere il suo simbolo di Luce Riflessa nel versetto: “occorre che io diminuisca perché lui cresca”. La Luce che decresce dopo il solstizio sarebbe rappresentata da Giovanni, mentre il Sole che cresce nei mesi successivi è rappresentato da Cristo.
L’atteggiamento riverberante della Luce nella contrapposizione dualistica non può che essere lunare.
Ed ancora Jacopo da Voragine racconta che il Battista veniva chiamato per le qualità che gli furono riconosciute da Cristo: Luce ardente per la santità, Angelo per la purezza e Voce per l’umiltà. Tutti questi appellativi escludono il carattere solare e ne confermano l’aspetto lunare.
L’iconografia sacra lo descrive come un adulto dalla lunga barba e dai capelli incolti, vestito di una pelle di agnello: simile a Giano. San Giovanni impugna un bastone con un vessillo a croce e spesso punta il dito verso l’alto per alludere alla prossima venuta del Signore oppure indica l’agnello simbolo di Cristo.
Anche Giano era rappresentato con una bacchetta in mano, un baculo, segno del potere, per ordinare ciò che è confuso, quasi verga del pastore o scettro regale.
La storia del Battista, riportata da Giuseppe Flavio lo descrive come un puro che predicava ai giudei solo precetti di virtù ed esortava chi li praticava a lasciare la città e a lavare simbolicamente il corpo dal peccato con il battesimo nell’acqua.
Ma i suoi fervori ed il numero dei suoi seguaci impensierirono il Tetrarca Erode Antipa che sospettò tali atteggiamenti come possibili sobillazioni finalizzate a spodestarlo. Per questo motivo lo imprigionò e non esitò a dargli la morte.
L’antica sapienza iniziatica, coglie dalle parole con le quali il Profeta Isaia profetizzava la missione del Battista:”si colmi ogni valle, ogni monte o colle si abbassi” l’immagine della linea orizzontale cioè della Livella. Inoltre al piano orizzontale è assimilata l’acqua, l’acqua nella quale egli battezza, che corrisponde al passivo, alla Luna cioè.
Giovanni Battista è quindi per analogia paragonato alla Luna, mentre Giovanni Evangelista al Sole. Uno stesso nome con due significati opposti: il bifrontismo pagano si rinnova nel simbolismo cristiano.
L’Evangelista del canto suo riporta alla Verticale. Egli sta sul monte della trasfigurazione, sul Monte degli olivi e sul Calvario e non percorre il piatto deserto della Giudea. Apostolo della Luce e del Fuoco è simboleggiato dall’Aquila. L’Aquila che con la vista acuta scorge dall’alto ogni dettaglio e scende rapida e precisa in verticale come un fulmine per ghermire la preda. Questa immagine di verticalità allude al Filo a Piombo ed il carattere luminoso gli conferma l’aspetto solare.
Nel linguaggio ermetico l’Aquila indica il Mercurio dopo la fase di sublimazione; tale accostamento nasce dalla constatazione che esso è molto volatile, ma anche dalla considerazione che, come l’Aquila divora ogni altro uccello, così il Mercurio dei Saggi divora e distrugge tutto, riportando la materia allo stadio primitivo.
Giovanni Battista poiché dice di essere “la voce di colui che grida nel deserto” ha suggerito un’interpretazione analogica con il gallo che canta all’alba, nel deserto della notte, per annunciare la venuta della Luce.
In Massoneria il gallo allude al risveglio delle forze ed incita all’azione, ed è anche simbolo della rinascita, e quindi del rituale di iniziazione.
E’infatti presente nel gabinetto di riflessione che è a sua volta assimilato al centro della terra, quindi il gallo è in relazione con l’idea di discesa agli inferi, di opera al nero, di mortificazione. Ciò riporta al lato penitenziale del Battista e alla sua missione nel processo spirituale.
Il gallo simboleggia anche la fine dell’Opera o opera al rosso e così Giovanni si trova all’inizio ed alla fine dell’Arte. All’iniziazione ed al completamento.
I due san Giovanni risultano pertanto due punti di riferimento: il Battista annuncia la Rivoluzione cristiana, l’Evangelista chiude il libro del Mondo con l’Apocalisse. L’uno è all’inizio e l’altro alla fine. L’uno è l’alfa e l’altro l’omega. Per questo Cristo dice del Battista:”…i profeti e la legge hanno profetato fino a Giovanni” e dice dell’Evangelista:” io voglio che resti finchè non ritorni”.
Sono dunque due testimoni, due punti limite lungo il cammino dell’uomo che in Massoneria identifichiamo con il VITRIOL.
E come ogni viaggio iniziatico così pure ogni viaggio descritto nella Bibbia, dal valore
squisitamente simbolico, incomincia con la discesa agli inferi. Nei testi ermetici questo viaggio è detto di denudazione, parola che richiama l’abito del Battista e quello del postulante Massone.
Suggestive sono le similitudini tra l’iniziazione muratoria ed il Battista: l’isolamento nel gabinetto di riflessione si associa alla rappresentazione del deserto in cui predicava il santo. La meditazione che porta alla riflessione del neofita allude alla luce riflessa della Luna che simbolicamente lo rappresenta.
Inoltre la preparazione al viaggio, con la spoliazione e la sistemazione della benda sugli occhi che immergono il bussante nel nero più nero del nero ricorda l’atteggiamento del Battista di trepidante attesa per la rinascita alla nuova vita.
Ma d’altro canto pure la descrizione della morte e della resurrezione di Lazzaro, fatta dall’Evangelista, riporta al lavoro massonico.
E’ certamente casuale, ma non privo di fascino che le iniziali di Joannes “J” e di Baptista “B” ricordino le due colonne del tempio: così come due sono i santi, così due sono le feste, due i volti di Giano e tutto rientra nel dualismo del principio della polarità.
In conclusione i due Giovanni, opposti fra loro, si completano a vicenda.
Sia dal punto di vista cristiano e sia dal punto di vista iniziatico esiste una compenetrazione e complementarietà di valori e significati tale da renderli indivisibili ed insostituibili.
Essi rappresentano un anello di congiunzione analogica da una parte con il culto del Sole, costituito da Giano e dal culto cristiano, rappresentato dalla Parola di Cristo, e dall’altra con il valore simbolico ed esoterico attribuito loro dal pensiero massonico.
Per quanto detto i due Giovanni sono nella storia muratoria il ricordo del momento di trapasso dall’epoca antica a quella medioevale. Momento che per l’incisività e l’attualità dell’immagine è valido e dura tuttora.
Infatti, la similitudine con la Luce che venne loro conferita e che venne pertanto messa in relazione al ciclo del Sole è conservata ancora oggi.
Diceva il Fratello Carlo Gentile “che era proposta attendibile quella di considerare la Massoneria sempre operante tra i due Giovanni cioè tra le due polarità perenni dello stesso spirito, da un lato quello dell’Iniziazione eternamente conservatrice di valori e sempre irradiatrice di impegno e dall’altro quello di Speranza per tutti gli uomini di buona volontà.”
Questo io penso alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo.